
Domenica 19 Novembre 2023
TV DIGITALE TERRESTRE, RADIO DAB:
LE NOTIZIE FLASH DELLA SETTIMANA.
A cura di Salvatore Cambria
Bentornati al nostro appuntamento domenicale con le notizie “in breve” che riguardano la TV digitale terrestre e la radio DAB.
TRENTINO-ALTO ADIGE IN DIGITALE: L' AUTORITÀ AGCOM VISITA LA RAS
Iniziamo parlando del digitale terrestre dal Trentino-Alto Adige.

In questi giorni la RAS ha ricevuto una visita di alto livello da Roma.
I direttori Antonio Provenzano e Mauro Martino nonché Marco Ricchiuti dell’AGCOM di Roma hanno visitato la RAS a Bolzano
Con i vertici dell’azienda c’è stato un vivace scambio di informazioni sulla pianificazione delle frequenze nazionali per il DAB+,
sull’imminente Conferenza Mondiale delle Radio WRC-23 di Dubai, sul passaggio definitivo al nuovo standard televisivo DVB-T2
e su varie questioni legate alla banda larga.
e su varie questioni legate alla banda larga.
La RAS ha anche presentato la nuova tecnologia di telefonia mobile DAS, sperimentata per la prima volta in Italia, nella Val Sarentino.
I rappresentanti dell’Autorità sono rimasti impressionati anche dal successo dell’implementazione
del concetto RAS di siti di trasmissione condivisi e della rete trasmissiva capillare.
del concetto RAS di siti di trasmissione condivisi e della rete trasmissiva capillare.
La RAS dispone ora di oltre 90 postazioni radiotelevisive comuni e gestisce più di 1.200 trasmettitori in tutta la provincia.
FRIULI-VENEZIA GIULIA IN DIGITALE: UDINESE TV DIVENTA TV12 NEL MUX LOCALE 1
Ci spostiamo in Friuli-Venezia Giulia per segnalare che nel Mux LOCALE 1
è stato modificato l’identificativo di UDINESE TV in TV12 sulla LCN 12.
L’emittente trasmette in alta definizione con la risoluzione video 1440×1080.

Il cambio di denominazione ha interessato anche ANTENNA TRE di San Biagio di Callalta (TV) e FRIULI TV
che sono state rinominate rispettivamente in ANTENNA TRE VENETO e FRIULI TV 24 sulle relative LCN 15 e 88.
La prima è veicolata in HD con la risoluzione 1440×1080, la seconda in MPEG-4 H.264 ed in definizione standard.
Per consultare gli impianti attivi e la composizione completa dei multiplex, cliccate sul banner qui sopra.


RAI, TRA POCO MENO DI DUE MESI UN MULTIPLEX IN DVB-T2
Rai, alcuni canali tv nel nuovo digitale terrestre. “Ma 19 milioni di persone non li vedranno”
Dal 10 gennaio 2024, la televisione di Stato dovrà trasmettere un intero pacchetto di frequenze (un suo multiplex) in tecnologia DVB-T2.
Sarà l’unico editore nel Paese. Il Censis avverte: oltre 8 milioni di famiglie non hanno neanche un televisore per riceverlo.
Intanto il segnale tradizionale va a singhiozzo in alcune regioni.
La Rai si prepara a trasmettere alcuni canali televisivi nello standard tecnologico più efficiente e avanzato:
è il digitale terrestre di seconda generazione. Sigla di riconoscimento, DVB-T2.
Eppure 19 milioni di persone non potranno vedere questi canali tv.
L’allarme arriva dal Rapporto “La nuova Italia televisiva” che Auditel e Censis presentano nelle ultime ore.
Rapporto che quantifica per la prima volta la platea di spettatori esclusa dal DVB-T2.
Si legge nel Rapporto: “Otto milioni e 400 mila famiglie, dove vivono 19 milioni di persone,
al momento attuale non hanno in casa neppure un televisore compatibile con il passaggio al digitale terrestre di seconda generazione”.
Famiglie che è facile immaginare a basso o bassissimo reddito.
I loro apparecchi tv – molto vecchi – finora hanno continuato a funzionare bene,
spesso grazie a decoder esterni che hanno permesso di vedere il vecchio digitale terrestre in tutte le sue evoluzioni.
Ma che ora non reggeranno l’urto dell’ultimo salto verso il digitale terrestre di seconda generazione (il DVB-T2).
Il Contratto di servizio
La Rai arriva a questa situazione per una scelta del governo.
L’esecutivo di centrodestra ha scritto il nuovo Contratto di servizio che regolerà i rapporti tra la Rai e lo Stato per 5 anni, dal 2023 al 2028.
Contratto che – il 3 ottobre 2023 – ha già ricevuto il via libera della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla tv di Stato, chiamata a un parere.
Il nuovo Contratto di servizio – all’articolo 15, comma 3 – impone a Viale Mazzini di trasmettere nel digitale terrestre di seconda generazione
(il DVB-T2) attraverso uno dei suoi tre multiplex nazionali di frequenze. Questo, dal 10 gennaio 2024.
E la Rai si prepara a farlo, anche se è da tempo consapevole che non potrà raggiungere alcuni milioni di famiglie:
addirittura 8,4 milioni (secondo le stime di Auditel-Censis di queste ore).
Scuola o Storia
Da settimane, la televisione pubblica si chiede quali dei suoi canali irradiare nel digitale terrestre di seconda generazione.
Potrebbe “sacrificare” alcuni canali di nicchia che non hanno grandi ascolti, come Rai Storia o Rai Scuola.
Ma una simile scelta può scatenare delle polemiche perché questi canali rappresentano comunque delle bandiere del servizio pubblico,
per l’alta qualità dei loro contenuti.
La seconda ipotesi è proporre semplicemente delle repliche di proprie trasmissioni. La terza ipotesi è, invece, rilanciare.
Viale Mazzini potrebbe offrire, nel digitale terrestre di seconda generazione, uno o più canali del tutto nuovi,
nella speranza che qualche famiglia italiana compri un televisore avanzato, pur di vederli.
Problemi a Venezia
In questo scenario, la Rai ha un problema in più.
L’estate scorsa, migliaia di famiglie hanno avuto serie difficoltà a ricevere il segnale della tv di Stato.
In questo caso, parliamo del segnale complessivo della televisione pubblica, quello che trasporta anche le sue reti nobili
(a partire da RaiUno, RaiDue e RaiTre).
A luglio, il Gazzettino.it ha lanciato l’allarme perché il segnale di Mamma Rai non arrivava in alcune zone del Veneto.
Ad esempio “a Venezia, ma anche a Jesolo, San Donà e nel Trevigiano”.
E il quotidiano La Nuova Venezia, ancora a settembre, rilanciava l’allarme perché la situazione è tutt’altro che risolta.
Disagi quest’estate anche in Puglia dove i ripetitori Rai della regione subivano l’interferenza dei ripetitori Rai delle Marche o del Veneto.
Una specie di “fuoco amico”. La stima di Viale Mazzini è allarmante.
I disagi hanno investito tante famiglie, fino a 400 mila persone nei mesi più caldi del 2023,
con epicentro della crisi soprattutto in tre regioni: in Veneto e Puglia, come detto, ma anche in Emilia Romagna.
La soluzione
Per risolvere questo pasticcio, la soluzione è a portata di mano.
La televisione pubblica dovrebbe proporre l’intera sua offerte, cioè tutti i suoi canali, proprio nel digitale terrestre di seconda generazione (il DVB-T2),
tecnologia molto più efficiente.
Le reti di ripetitori sono tutte già pronte a farlo. Ma questa svolta è ancora molto lontana.
Nè Rai e neanche gli editori televisivi privati possono passare al DVB-T2 fin quando 8 milioni 400 mila famiglie sono prive di apparecchi tv per riceverlo,
come denuncia adesso il Rapporto Auditel-Censis.

AFFARI ITALIANI: RAIWAY, IL GOVERNO RIPRENDE IN MANO IL DOSSIER PER LA CESSIONE DELLE TORRI
Possibile la fusione con Ei Towers partecipata al 60% da F2i e al 40% da Mfe.
RaiWay, il governo riapre il dossier per la cessione di una quota.
Il governo ha ripreso in esame il dossier riguardante Rai Way,
la società controllata dalla Rai che da tempo è destinata a unire le forze con Ei Towers,
un’azienda posseduta al 60% da F2i e al 40% da Mfe (Mediaset).
Lo riporta La Stampa. Entrambi operano nel settore delle infrastrutture di rete, gestendo le torri trasmissive dei segnali televisivi.
Ei Towers si occupa principalmente dei segnali di Mediaset, mentre Rai Way gestisce principalmente quelli della Rai.
Sebbene l’ipotesi di fusione tra le due entità abbia destato interesse nel mercato, sembrava essersi leggermente raffreddata.
Tuttavia, nelle ultime settimane, la prospettiva di generare risorse,
soprattutto alla luce della riduzione del canone Rai da 90 a 70 euro inserita nella Manovra di Bilancio, ha riportato l’attenzione sulla fusione.
Gli advisor sono tornati a lavorare dietro le quinte con l’obiettivo di apportare nelle casse della Rai (e quindi dello Stato)
una cifra stimata tra i 100 e i 150 milioni di euro.
Roberto Cecatto, amministratore delegato di Rai Way, ha dichiarato durante una conference call sugli andamenti dei primi nove mesi che,
sebbene non ci siano nuove sviluppi sostanziali da condividere al momento,
il consolidamento e i relativi benefici dovrebbero essere considerati come un’opportunità di creazione di valore aggiunto.
Cecatto ha sottolineato che, nonostante la performance operativa attuale della società e le prospettive positive per il futuro,
il mercato sembra considerare il consolidamento come un potenziale ostacolo.
Le azioni Rai Way, hanno subito una perdita di quasi il 10% a Piazza Affari dall’inizio dell’anno, nonostante i solidi risultati finanziari.
Nei primi nove mesi del 2023, l’azienda ha registrato ricavi per 204,1 milioni di euro (+10,7%),
un adjusted ebitda di 138,4 milioni di euro (+19,6%) e un utile netto di 69,8 milioni di euro (+24,1%).
La società ha quindi migliorato le previsioni per il 2023.
Il nuovo piano industriale sarà presentato in primavera e potrebbe fornire ulteriori dettagli sull’operazione.
Sebbene i dettagli siano ancora in fase di discussione, l’operazione prevede una fusione “carta contro carta”,
con la Rai che ridurrebbe la propria quota dall’attuale 65% a circa il 30%.
Successivamente, si ipotizza il pagamento di un dividendo straordinario,
potenzialmente raggiungendo una somma di 150 milioni di euro per la società di Viale Mazzini.
La prospettiva sembra ricevere il favore del governo,
considerando il precedente impegno di Giancarlo Giorgetti, attuale ministro dell’Economia,
che, quando era al dicastero dello Sviluppo Economico nel marzo 2022,
aveva indicato che le risorse derivanti da un’eventuale valorizzazione di Rai Way
sarebbero state utilizzate per migliorare il servizio pubblico radiotelevisivo.
Nonostante i cambiamenti di ministero, l’approvazione del ministro rimane.

AUDITEL: LA SMART TV SUPERA LA TV TRADIZIONALE
La nuova Italia televisiva è sempre più online, con 122 milioni di schermi all’interno delle abitazioni. Aumento dei dispositivi connessi.
Per la prima volta la maggior parte delle famiglie italiane possiede almeno una tv collegata a Internet.
Famiglie sempre più connesse e davanti gli schermi.
Che si tratti di tv o altri dispositivi, il sesto Rapporto Auditel-Censis presentato oggi presso la Sala Capitolare del Senato,
racconta come sta cambiando ‘La nuova Italia televisiva’.
Si conferma il trend in crescita degli schermi presenti all’interno delle abitazioni:
la ricerca ha contato 122 milioni di dispositivi presenti nelle case degli italiani, per una media di circa cinque schermi per famiglia
e oltre due schermi per individuo, tra tv tradizionali, Smart tv, smartphone, personal computer e tablet ce ne sono il 2,2% in più rispetto al 2022.
97 milioni di schermi connessi
Aumentano soprattutto gli schermi connessi a Internet che sono passati dai 74 milioni del 2017 a oltre 97 milioni nel 2023,
registrando un incremento del 31,7% nei sette anni considerati.
Sorpasso delle smart tv sui televisori tradizionali. Aumenta la fruizione in streaming dei network nazionali.
A crescere sono soprattutto le tv connesse a Internet,
che fra Smart tv e tv con dispositivi esterni collegati sono complessivamente 18 milioni e 700.000, presenti nelle case del 50,1% degli italiani:
per la prima volta, la maggior parte delle famiglie italiane possiede almeno una tv collegata a Internet.
Il sorpasso delle Smart tv sulle televisioni tradizionali
Il 2023 sarà ricordato anche come l’anno del sorpasso delle Smart tv sulle tv tradizionali:
oggi nelle case degli italiani ci sono complessivamente 21 milioni di Smart tv e 20 milioni e mezzo di tv tradizionali.
I nostri salotti somigliano sempre di più a sale cinematografiche, infatti, i nuovi televisori sono più grandi rispetto al passato.
Le tv da 50 pollici sono triplicate in sette anni: nel 2017 erano meno di 2 milioni, pari a circa il 4% del totale,
ora sono oltre 6 milioni, il 14,1% del totale.
50 milioni e 600mila smartphone nelle case degli italiani
Prosegue ininterrotta la crescita degli smartphone, che quest’anno sono 50 milioni e 600.000 e
rimangono i device più utilizzati dalla popolazione.
Portabilità, semplicità di utilizzo, vocazione multitasking sono le caratteristiche premiate dagli italiani.
I dati in controtendenza – 700mila famiglie non hanno in casa nemmeno una tv.
C’è però chi ha fatto una scelta diversa, quella di non possedere la tv.
Infatti i dati della ricerca parlano di 700mila le famiglie, il 2,8% del totale,
dove vivono 1 milione e 400.000 persone, che non hanno in casa neanche un apparecchio televisivo.
Fuori dalla vita digitale 2 milioni di famiglie
Ci sono anche due milioni di famiglie (8,3% del totale) che non possiedono un collegamento a Internet da casa,
e 5 milioni e 500mila famiglie (22.4%) che si collegano da casa esclusivamente con il cellulare;
inoltre circa 9 milioni di famiglie (il 36,9% del totale) non hanno la banda larga nell’abitazione.
In totale il 91,7% del totale delle famiglie italiane accede a Internet da casa.
“Il processo di digitalizzazione prosegue – si spiega durante la presentazione –
ma c’è un problema di quantità e qualità della connessione che non consente a tutti di avere le stesse possibilità”.
LA STORIA DEI DIRITTI TV IN ITALIA E LE CIFRE INCASSATE DALLA SERIE A DAGLI ANNI '80
Un viaggio lungo oltre quarant’anni: dalla RAI a DAZN. Dai 6 miliardi di lire ai 900 milioni di euro.
Recentemente la Lega Calcio ha assegnato i diritti televisivi della Serie A per il quinquennio che va dalla stagione 2024-25 alla stagione 2028-29.
Un accordo, quello con DAZN e SKY da circa 900 milioni di euro a stagione (senza considerare i diritti tv all’estero, ancora invenduti)
con la possibilità di aumentare questa cifra in proporzione all’aumento degli abbonati DAZN.
È stata una trattativa lunga e incerta con l’assegnazione avvenuta sul gong,
al termine di lunghe settimane di trattative private tra la Lega Calcio e le emittenti televisive.
D’altronde l’obiettivo minimo stabilito dalla stessa Serie A era di ottenere un contratto da 1 miliardo di euro all’anno
dalla vendita dei diritti televisivi in Italia.
Diritti televisivi diventati ormai fondamentali per la sopravvivenza della Serie A e del calcio italiano.
E pensare che fino alla stagione 1995-96 i ricavi da stadio di ogni club di Serie A e Serie B superavano i ricavi dai diritti tv.
Ma prima di addentrarci tra stagioni, cifre e percentuali, è giusto raccontare un po’ di storia sui diritti tv della Serie A.
La storia dei diritti televisivi in Italia nel calcio
Il tema sui diritti televisivi del calcio in Italia viene a galla a cavallo tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80.
Fino a quel momento non esisteva una legge, una regola, un modello legato alla vendita dei diritti televisivi dei match del calcio italiano.
Qualsiasi tv privata poteva entrare in qualsiasi stadio per filmare e trasmettere la partita ai suoi utenti.
L’ingresso di giornalisti e operatori vari legati alle televisioni veniva organizzato dai Comuni.
Poche televisioni però potevano permettersi di organizzare la ripresa e la messa in onda delle partite.
La pubblicità infatti era ancora agli inizi e non portava grossi guadagni:
basti pensare che gli introiti pubblicitari della RAI erano legati soprattutto a Carosello.
Eppure la RAI dal 1960 – appunto senza pagare diritti televisivi – trasmetteva in tutta Italia (tranne nella provincia della squadra di casa),
in differita, un tempo di un match di Serie A.
Sul modello angloamericano, tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80,
anche in Italia si inizia a mettere nero su bianco un regolamento per la vendita dei diritti televisivi.
In quel periodo non esistevano canali a pagamento e la vendita dei diritti tv era legata esclusivamente alle emittenti in chiaro,
ossia la RAI, che diventò così concessionario unico della Lega Calcio per la trasmissione del calcio in tutta Italia.
Questo modello durò dal 1978 al 1993, anno della seconda grande rivoluzione legata alla vendita dei diritti televisivi.
Sempre seguendo il modello anglosassone, anche il Bel Paese supera la visione di calcio visibile gratuitamente a tutti e
inserisce i diritti televisivi criptati:
l’obiettivo naturalmente è portare più denaro nelle casse dei club e permettere ai soli abbonati ad una emittente la visione totale di una partita.
Così dal 1993 la vendita dei diritti tv per il calcio italiano si divide in:
- Diritti in chiaro
- Diritti criptato (a pagamento)
Il 1993 è l’anno di TELE+ e del primo contratto triennale con una emittente a pagamento.
Nasce così il posticipo serale della domenica, trasmesso proprio da Tele+ ai propri abbonati in esclusiva.
Tutte le altre partite di ogni giornata rimanevano in mano alla RAI.
Al termine del contratto, TELE+ strappa un nuovo accordo – sempre triennale – con la Lega Calcio,
acquisendo i diritti tv criptati di tutte le gare di Serie A.
A conclusione del secondo ciclo triennale di TELE+ avviene una terza rivoluzione.
Se fino a quel momento la Lega Calcio trattava collettivamente – per Serie A e Serie B – la vendita dei diritti televisivi,
dal 1999 viene introdotta la vendita singola dei diritti tv, ossia ogni club doveva trattare autonomamente
– e strappare una cifra a proprio vantaggio – la vendita dei diritti televisivi per la trasmissione dei propri match casalinghi.
Questo portò all’arrivo di una seconda emittente satellitare: Stream.
TELE+ e STREAM fino alla stagione 2002-03 si sono divise quasi equamente le squadre di Serie A
(anche se cosiddette strisciate Juventus, Inter e Milan erano sempre in mano a TELE+).
Nel 2003 STREAM e TELE+ si fondono portano alla nascita di SKY,
che dal 2003 conquista il monopolio dei diritti tv satellitari e portando anche alla creazione di Gioco Calcio, una sorta di Canale della Lega
dove venivano trasmesse le partite dei club che non trovarono l’accordo con la nuova emittente satellitare.
Questo canale durò meno di una stagione e SKY prese il controllo totale della Serie A.
Durante la stagione 2004-05 avviene l’ennesima rivoluzione:
l’arrivo del digitale terrestre come nuova tecnologia di trasmissione porta ad un nuovo cambiamento nella vendita dei diritti tv in Italia, dividendosi in:
- Diritti in chiaro
- Diritti satellitari
- Diritti terrestri (digitale terrestre)
SKY si ritrova sempre in mano in diritti televisivi satellitari, mentre per il digitale terrestre nascono diverse piattaforme
che si spartiscono i diritti terrestri: sono gli anni di MEDIASET PREMIUM, CARTAPIÙ (LA7) e DAHLIA TV.
In questi anni SKY investe anche nel digitale terrestre e a partire dalla stagione 2010-11 torna in vigore la vendita dei diritti tv centralizzata e
non in mano ai singoli club, tornando quindi al modello utilizzato fino al 1999.
A partire dal 2018 subentra anche il servizio di streaming DAZN a fare concorrenza a SKY.
A partire dal 2018 subentra anche il servizio di streaming DAZN a fare concorrenza a SKY.
Infatti per il ciclo triennale 2018-2021 i diritti tv vengono venduti a SKY e DAZN ma con match in esclusiva per entrambe le piattaforme:
a SKY vengono assegnate 7 gare su 10 per ogni turno di campionato e
le restanti 3 gare vengono assegnate alla nuova piattaforma (almeno per l’Italia) DAZN.
Tre anni dopo la Lega Calcio assegna a DAZN tutta la Serie A (con 3 partite a giornata in co-esclusiva con SKY).
Formula confermata recentemente con il nuovo ciclo quinquennale dei diritti tv della massima divisione italiana.
Quanto ha incassato la Serie A dai diritti televisivi nella sua storia?
Conclusa la parte dedicata alla storia, posso iniziare a snocciolare qualche numero.
Se hai letto il paragrafo precedente, ti ricorderai sicuramente del periodo che va a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 e il 1993,
quello che porta a regolarizzare la presenza di telecamere e operatori televisivi nei campi di Serie A (e non solo).
Bene, in quel periodo la RAI – unico concessionario della Lega Calcio per la trasmissione del calcio in tv –
ha investito in totale 632 miliardi di vecchie lire.
Con questa cifra ha avuto l’esclusiva per il calcio in tv in chiaro di Serie A, Serie B, Coppa Italia e Supercoppa Italiana,
di fatto chiudendo le porte alle tv private che prima di questo accordo avevano la possibilità di entrare nei campi senza infrangere nessuna regola.
L’ingresso delle tv a pagamento ha portato ad un aumento vertiginoso degli incassi da parte della Lega Calcio
che per il triennio 1993-96 ha incassato da RAI e TELE+ ben 571 miliardi di vecchie lire (di poco sotto la cifra incassata in totale dal ‘78 al ‘93).
Il triennio successivo (1996-99) con TELE+ che ottiene l’ok per la totale copertura della Serie A,
la Lega Calcio incassa (compresa la parte in chiaro di RAI e TMC) 1238 miliardi di lire.
Proprio durante questo triennio avviene una doppia svolta per la Serie A e il calcio italiano:
- I ricavi da diritti televisivi dei club superano i ricavi da stadio
- Si cambia la spartizione dei diritti tv tra Serie A e B
Fino a quel momento infatti le cifre che incassava la Lega Calcio dalla vendita dei diritti tv veniva divisa in parti uguali tra le società di Serie A e Serie B.
Dalla stagione 1997-98 i diritti tv in chiaro vengono spartiti al 58% per la Serie A e il restante 42% per la Serie B,
mentre i diritti tv criptati vengono spartiti al 75% per la Serie A e il restante 25% per la Serie B.
Inoltre la distribuzione avviene in proporzione alla posizione in campionato e all’audience.
Concluso questo triennio, nel 1999 si passa dalla trattativa collettiva dei diritti tv alle trattative singole tra i club e le emittenti televisive.
Questo modello dura undici anni, fino all’estate 2010.
In questo periodo la Serie A – non senza problemi soprattutto per le società medio-piccole,
che più volte hanno forzato la mano per tornare alle trattative collettive – ha incassato circa 5700 milioni di euro in totale:
dai circa 400 milioni di euro annui dei primi anni 2000 fino ad una media di circa 640 milioni di euro a stagione del triennio 2007-10.
Dal 2010 riparte la vendita collettiva dei diritti televisivi per la Serie A
e nel biennio fino al 2012 la Serie A incassa tra diritti tv criptati e in chiaro circa 1720 milioni di euro in totale,
con una media di 860 milioni di euro a stagione.
Il triennio che va dalla stagione 2012-13 alla stagione 2014-15 porta nelle casse della Lega Calcio ben 2487 milioni di euro,
con una media di 829 milioni di euro a stagione senza considerare i diritti tv in chiaro.
A questi vanno aggiunti infatti i circa 88 milioni di euro totali (in tre stagioni) tra diritti radio e tv in chiaro,
più servizi internet e mobile.
I successivi cicli triennali, ossia 2015-18, 2018-21 e 2021-24 permettono alla Lega Calcio
di incassare stabilmente una cifra superiore ai 900 milioni di euro a stagione per i diritti tv della Serie A
– sempre considerando solo l’Italia e non i diritti tv ceduti all’estero.
Si va quindi dai 943 milioni di euro l’anno del triennio 2015-18, ai 973 milioni (a stagione) incassati da SKY e DAZN dal 2018 al 2021
fino al bando assegnato sempre alle due emittenti televisive per il ciclo 2021-24 da 927 milioni di euro annui.
*I dati sui diritti televisivi sono relativi solo all’Italia e non all’estero.
La stagione 2024-25 segnerà un’altra svolta. La vendita dei diritti tv della Serie A non avverrà più su base triennale ma quinquennale.
La Lega Calcio infatti ha già assegnato a DAZN e SKY i diritti televisivi delle prossime cinque stagioni del campionato
per un totale di 900 milioni di euro l’anno, in ribasso rispetto agli ultimi bandi,
anche se la cifra potrà aumentare nel caso in cui DAZN dovesse migliorare sensibilmente il numero di abbonati e di conseguenza il suo fatturato.
Riepilogo delle cifre legate ai diritti tv in Italia della Serie A
- 1978-1981 – 6 miliardi di lire (Diritti tv in chiaro alla RAI)
- 1981-1984 – 42 miliardi di lire (Diritti tv in chiaro alla RAI)
- 1984-1987 – 79 miliardi di lire (Diritti tv in chiaro alla RAI)
- 1987-1990 – 180 miliardi di lire (Diritti tv in chiaro alla RAI)
- 1990-1993 – 325 miliardi di lire (Diritti tv in chiaro alla RAI)
- 1993-1996 – 571 miliardi di lire (Diritti tv in chiaro alla RAI: 423 miliardi di lire; Diritti tv criptati a TELE+: 148 miliardi di lire)
- 1996-1999 – 1238 miliardi di lire (Diritti tv in chiaro alla RAI: 600 miliardi di lire; Diritti tv criptati TELE+ 638 miliardi di lire)
- 1999-2002 – 1278 milioni di euro (Diritti tv criptati a TELE+ e STREAM)
- 2002-2003 – 492 milioni di euro (Diritti tv criptati a TELE+ e STREAM)
- 2003-2004 – 500 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY e GIOCO CALCIO)
- 2004-2007 – 1500 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY, MEDIASET PREMIUM e CARTAPIÙ
- 2007-2010 – 1930 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY, MEDIASET PREMIUM, CARTAPIÙ e DAHLIA TV)
- 2010-2011 – 849 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY, MEDIASET PREMIUM e DAHLIA TV)
- 2011-2012 – 871 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY e MEDIASET PREMIUM)
- 2012-2015 – 2487 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY e MEDIASET PREMIUM)
- 2015-2018 – 2829 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY e MEDIASET PREMIUM)
- 2018-2021 – 2919 milioni di euro (Diritti tv criptati a SKY e DAZN)
- 2021-2024 – 2781 milioni di euro (Diritti tv criptati a DAZN e SKY)
- 2024-2029 – 4500 milioni di euro (Diritti tv criptati a DAZN e SKY)
UK: “BROADCAST 2040+” INVITA I POLITICI A GARANTIRE LE TRASMISSIONI
RADIO TV VIA ETERE, ANCHE OLTRE I TERMINI PREVISTI
In UK, come nel resto del mondo, da tempo si stanno disponendo azioni volte al superamento della tradizionale modalità di trasmissione broadcast via etere,
sia radiofonica che televisiva, a vantaggio delle nuove modalità tecnologiche digitali, che spaziano dall’online al 5G Brodcast.
Il Governo inglese si è impegnato ad assicurare nel Regno Unito il servizio universale radiotelevisivo, per come lo conosciamo, sino al 2034.
Questa prospettiva non piace però ad un’ampia porzione della popolazione, soprattutto appartenente alla categoria dei cosiddetti ‘baby boomer’,
i nati negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso.
Da questa reazione è nato un movimento d’opinione e di pressione politica, catalizzatosi attorno all’associazione Silver Voices,
che ha prodotto da prima una ricerca di mercato e poi, in conseguenza dello studio, la campagna di comunicazione “Broadcast 2040+”.
Uno studio per capire il ‘sentiment’
Lo studio in questione si intitola “Safeguarding Universality: The Future of Broadcast TV and Radio”
(Salvaguardare l’universalità: il futuro delle trasmissioni televisive e radiofoniche).
La sua prima edizione è stata pubblicata a metà del 2022 e a fine ottobre 2023 sono stati diffusi i risultati di un aggiornamento del rapporto.
Lo studio è scaricabile a questo link: https://drive.google.com/file/d/13AuyjLc9ivb8Pb9wPjeZmGMtqsNoeqkK
Tale rapporto esamina le due piattaforme, televisione e radio, e si chiede chi siano le persone che dipendono oggi da questi servizi di comunicazione,
e cosa succederebbe se un numero significativo di queste persone, invecchiando ulteriormente,
in futuro dovesse rinunciare forzatamente a dipendere da esse.
Il rapporto verifica anche quanto sia vero il principio secondo cui gli utenti dei servizi media possano passare con facilità all’online ed
identifica i fattori sociali ed economici che fanno della piattaforma radiotelevisiva tradizionale una priorità
per le persone che continuano a scegliere di utilizzarla.
Risultati interessanti
Oltre l’80% degli intervistati ritiene che le trasmissioni televisive e radiofoniche via etere dovrebbero essere protette, addirittura ben oltre il 2040;
questo perché quasi tre quarti (il 74%) degli intervistati ritiene che
la rimozione parziale o totale dei servizi di trasmissione in futuro rischierebbe di lasciare indietro porzioni significative della popolazione;
quasi la metà degli intervistati (il 46%) è preoccupata per il potenziale impatto dei servizi esclusivamente digitali sulla società,
anche considerando i costi conseguenti il massiccio impiego della banda larga.
Il rapporto ha altresì analizzato in modo specifico le opinioni degli ultrasessantenni,
che nutrono la maggiore preoccupazione per l’impatto escludente derivante dalla riduzione dei servizi broadcast.
Una preoccupazione che include l’essere trascurati a causa della mancanza di accesso ai servizi a banda larga (84%) e
la consapevolezza di essere meno abili dal punto di vista tecnico rispetto al resto della popolazione (70%).
Un quarto delle persone (25%) ha affermato che si sentirebbe “molto sola” se perdesse i servizi radiotelevisivi gratuiti;
una percentuale che sale a più di 2 su 5 (44%) tra coloro che hanno 65 anni o più e che vivono da soli.
Di conseguenza, oltre il 90% degli intervistati sopra i 60 anni ritiene che qualsiasi futura legislazione proposta dovrebbe includere un impegno
a proteggere i servizi di trasmissione televisiva e radiofonica via etere a lungo termine.
Le 5 raccomandazioni
Il rapporto include cinque raccomandazioni per garantire questi servizi, anche pensando alle generazioni future:
che il governo fornisca un impegno chiaro per la protezione a lungo termine dei servizi di trasmissione,
compresa una data ben oltre gli impegni attuali;
che il governo garantisca che le trasmissioni televisive e radiofoniche, e l’ampia gamma di servizi forniti attraverso di esse,
siano protetti a lungo termine nell’ambito di qualsiasi legislazione in corso e futura;
che lo spettro utilizzato dalle trasmissioni televisive sia protetto nella Conferenza mondiale sulle radiocomunicazioni 2023 (WRC23),
che si terrà a partire dal prossimo 20 novembre, e nelle future conferenze internazionali;
che siano garantite risorse per continuare a sostenere i servizi di trasmissione universale e i contenuti di servizio pubblico forniti attraverso di essi,
anche attraverso un impegno da inserire nella Carta della BBC (l’equivalente del nostro ‘Contratto di Servizio RAI’);
che le voci degli ascoltatori e dei telespettatori, e in particolare di quei gruppi che dipendono maggiormente dai servizi broadcast,
siano messe al centro del dibattito e di qualsiasi processo decisionale da parte del governo o dell’Ofcom, l’ente regolatore del settore.
Il progetto è sostenuto dalla già citata associazione Silver Voices e da una trentina di altre realtà (Age UK, Childrens Media Foundation,
Rural Services Network, Arqiva, British Broadcast Challenge, The Voice of the Listener and Viewer, Digital Poverty Alliance, Citizens Advice Cornwall,
The Campaign to End Loneliness, Churches 4 Positive Change, County Durham Community Foundation, Age UK: North Tyneside,
Cumbria Community Foundation, Focus4Hope Brighouse, World DAB, Frontier Smart Technologies, Fix radio, Communicorp UK, Boom Radio,
The Local TV Network, PBS America, Talking Pictures TV, Together TV, United Christian Broadcasters, Age of Concern North Norfolk,
Age UK North Yorkshire and Darlington, National Federation of the Blind UK, The British Entertainment Industry Radio Group, Better Media,
Age UK Shropshire e Age UK Mid Mersey).
Ulteriori informazioni sulla campagna “Broadcast 2040+” si trovano a questo link: https://www.broadcast2040plus.org/
Un’altra voce
Nel senso di questa iniziativa, citiamo anche una ricerca avviata lo scorso anno da Ipsos, commissionata da Arqiva
(il principale network provider britannico), che ha rivelato il significativo impatto negativo della potenziale perdita
delle trasmissioni televisive e radiofoniche, in particolare per coloro che sono vulnerabili.
Lo studio concludeva che in Gran Bretagna 9 persone su 10 desiderano o sono favorevoli alla continuità dei servizi broadcast.
A questo link lo studio: www.arqiva.com/Importance_of_Broadcast.pdf
SICILIA IN DIGITALE: SMONTATI I PANNELLI VHF DALLA POSTAZIONE DI MONTE LAURO
Sulla pagina Facebook del gruppo “Tralicci e Impianti” gestita dall’amico Floriano Fornasiero,
è apparso un post a firma di Aaron Salomone correlato da un’ampia gallery di immagini, che riportiamo qui di seguito
delle operazioni programmate di smontaggio dei pannelli di trasmissione VHF della torre Ray Way
Aaron scrive: “Con lo smontaggio degli ultimi pannelli VHF della torre Rai Way di Monte Lauro
si chiude un importante capitolo della storia della diffusione televisiva in Sicilia.
Il sistema radiante, recentemente andato in pensione dopo decenni di onorato servizio,
ha servito un bacino d’utenza che si aggira attorno alle 2 milioni di persone.”
Postazione di MONTE LAURO - Buccheri (SR)
RADIO DAB: ELIMINATA RADIO CRC DAL MUX RADIO DIGITALE SALERNO
Ci dirigiamo in Campania per occuparci della radio digitale.
Nel Mux RADIO DIGITALE SALERNO è uscita di scena Radio CRC che era identificata *CRC*.

Il bouquet ospita adesso le seguenti 12 emittenti radiofoniche.

FREQUENZE E POSTAZIONI
CAMPANIA | ||
Canale 6B (183,648 MHz) | ||
Postazione | Comune | Provincia |
Masso della Signora | Salerno | SA |
RADIO DAB: ATTIVATO IL MUX NORD EST DAB+ (VENETO) DA PADOVA
Ritorniamo in Veneto per occuparci della radio digitale.
È stato recentemente acceso il nuovo bouquet radiofonico identificato Mux NORD EST DAB+
Sono veicolate le seguenti 19 emittenti.

Postazione di VIALE DELLA NAVIGAZIONE INTERNA - Padova
RADIO DAB: AGGIORNATA LA COMPOSIZIONE DEL MUX SPACEDAB (BASILICATA)
Ci spostiamo in Basilicata, dove abbiamo attualizzato la configurazione della versione locale del Mux SPACEDAB,
trasmesso dai seguenti ripetitori sul Canale 9C.
BASILICATA | ||
Canale 9C (206,352 MHz) | ||
Postazione | Comune | Provincia |
Monte Sant’Arcangelo | Colobraro | MT |
Masseria Divella | Pomarico | MT |
Monti Li Foj | Picerno | PZ |
Sono presenti le seguenti 21 emittenti radiofoniche.

LUCCA, CHIUDE I BATTENTI LA STORICA RADIO 2000, NASCE RADIO STUDIO X
Un post sui social per salutare dopo anni di successi che hanno fatto anche la memoria della città
La storica radio di Lucca, Radio 2000, quella dei Lupi della Notte, delle radiocronache della Lucchese,
dei consigli comunali e di tante altre trasmissioni nella memoria di tutti cala il sipario.
La notizia era nell’aria da tempo, ma adesso è diventata ufficiale.
Con un post sui canali social della radio è stato reso noto il subentro al marchio storico di Radio Studio X, sempre sui 99.2 Mhz.
“Un sogno realizzato, un viaggio fantastico, costellato di momenti emozionanti e indimenticabili,
ma come tutti i sogni e anche i lunghi viaggi, prima o poi svaniscono o giungono al termine.
Siamo ormai ai titoli di coda, alcune frequenze sono state cedute a emittenti ben più importanti e strutturate (Radio Bruno, ndr),
l’ultima però, operante sul bacino di Lucca, abbiamo preferito trasferirla a chi ha ancora energie per fare radio.
Radio studio X, questo è il nome che da qui in avanti sentirete dire in radio.
Radio studio X, questo è il nome che da qui in avanti sentirete dire in radio.
Con loro abbiamo deciso che sarebbe stato un subentro, non una vendita, così oggi una nuova radio locale si affaccia su Lucca,
sulla nostra storica frequenza dei 99.2 Mhz, a loro, in una specie di fusione abbiamo fatto confluire tutto il nostro ‘know how’;
li abbiamo aiutati perché una parte di noi rimanga viva con loro.
Immancabilmente e veramente d’obbligo, vogliamo ringraziare tutti voi per il costante supporto che ci avete dato, fare radio,
Immancabilmente e veramente d’obbligo, vogliamo ringraziare tutti voi per il costante supporto che ci avete dato, fare radio,
senza i nostri amici sponsor, sarebbe stato impossibile.
Ringraziamo anche tutti i nostri collaboratori, speaker, giornalisti, dj che negli anni hanno riempito con la loro voce,
Ringraziamo anche tutti i nostri collaboratori, speaker, giornalisti, dj che negli anni hanno riempito con la loro voce,
la loro simpatia, la loro intelligenza e capacità, le tantissime ore di trasmissione che abbiamo mandato in onda.
Grazie ancora una volta a tutti quanti e auguriamo a tutti un buon vento che porti serenità, lavoro e soprattutto salute.”
Grazie ancora una volta a tutti quanti e auguriamo a tutti un buon vento che porti serenità, lavoro e soprattutto salute.”
Dopo gli addii può quindi iniziare la nuova avventura.


RADIO DAB+ / FM / AM : CONSULTABILI LE LISTE DI SETTE CITTA'
Sulle nostre pagine dedicate alla RADIO DAB+ / FM / AM abbiamo aggiornato la lista
delle stazioni radiofoniche ricevibili a Torino, Milano, Roma e Pescara, le ultime tre comprendono anche le radio AM.
I nostri collaboratori ci hanno anche inviato la lista delle emittenti radio ricevibili
Per consultare le liste cliccate sui rispettivi banner.